2) SLOW FOOD ITALIA: UNA RETE DI NOME E DI FATTO
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Fondamentali alcuni passaggi riportati nel documento: “…Andranno studiate nuove modalità e opportunità di adesione, coinvolgimento e partecipazione delle persone fisiche… andrà preservata e rafforzata l’autonomia dei territori… i livelli fondamentali saranno quelli delle comunità locali (intese come organizzazioni strutturate – le Condotte – e come aggregazioni di cittadini attivisti – le Comunità Slow Food) e quello internazionale, tutti gli altri saranno da intendersi come strutture di servizio… a livello territoriale, le comunità locali rimangono il nostro punto di forza…È necessario un lavoro di ridefinizione della struttura e degli obiettivi delle strutture regionali e nazionali. Si tratta di strutture di servizio e andranno definite con chiarezza le loro finalità, i loro piani strategici e i loro obiettivi. Dovranno sempre più diventare realtà di implementazione delle strategie globali a livello territoriale”.
La missione affidata alle Reti Associative dal legislatore è di coordinare, tutelare, rappresentare, promuovere e supportare gli enti del terzo settore ad esse associati, “anche allo scopo di promuoverne ed accrescerne la rappresentatività presso i soggetti istituzionali” (art. 41, Codice del Terzo settore).
La Rete assume un’importanza crescente tra gli Enti del Terzo settore quale soggetto cui sono attribuite tanto una funzione di promozione e supporto quanto di coordinamento, di rappresentanza e di servizio, degli enti che ad essa si associano (nel caso di Slow Food Italia, le Condotte e le Associazioni Regionali), proprio come previsto dalle linee guida organizzative di Chengdu.